È noto che il sistema bancario italiano stia affrontando un periodo di crisi: alcuni importanti istituti sono stati commissariati, altri sono stati venduti, con la mediazione del Governo, a Banche più grandi e quasi tutti hanno fatto un pesante ricorso ai licenziamenti, riducendo di circa 20.000 unità il numero dei dipendenti del settore nel corso dell’ultimo anno. Un fenomeno che fino a un decennio fa sembrava impossibile e che rappresenta la lunga, lunghissima coda della crisi finanziaria del 2008.
La crisi, generata negli Stati Uniti nel 2006 dai cosiddetti mutui subprime, ebbe dapprima un impatto importante nei settori immobiliare, finanziario e bancario d’oltre oceano, ma ben presto, con il fallimento della banca di investimento Lehman Brothers, si trasferì all’economia reale europea, provocando significative perdite di capitali e di posti di lavoro. *
Una delle principali cause di tali perdite fu la notevole stretta creditizia che gli Istituti di credito decisero per arginare i danni. Si creò un circolo vizioso, in cui molte imprese, solide dal punto di vista dell’organizzazione e della produzione, ma esposte finanziariamente, mancando il sostegno delle banche andarono in crisi e dovettero chiudere, generando a cascata, problemi di liquidità ai loro fornitori, tra cui le stesse banche, che si trovarono in bilancio un valore crescente di crediti inesigibili. A questo quadro a tinte fosche, si aggiunse la crisi del debito sovrano del 2010-2011 che peggiorò, in certi casi definitivamente, i bilanci delle banche italiane.
Le imprese che subirono le peggiori conseguenze della crisi delle banche, furono le aziende medio-piccole, ovvero la stragrande maggioranza del tessuto industriale italiano. Questo anche a causa di una sostanziale non conoscenza delle complesse dinamiche finanziarie che governavano le banche e di una conseguente eccessiva fiducia nel sistema del credito. Molti imprenditori si trovarono senza linea di credito da un giorno all’altro, senza riuscire a comprenderne le reali motivazioni. Molti dovettero quindi rivedere le previsioni di crescita, peggiorando così, magari senza esserne pienamente consapevoli, quell’indice di reputazione creditizia che era proprio alla base della concessione del credito.
Risulta oggi evidente, che è necessario che i vertici delle aziende, i membri dei consigli di amministrazione, gli amministratori unici ed i responsabili amministrativi e finanziari, abbiano una adeguata formazione su come l’azienda viene valutata dagli intermediari creditizi, su come interfacciarsi correttamente con gli istituti bancari, su come gestire una eventuale crisi finanziaria, su come fare la revisione del bilancio e quindi, in sintesi, su come avere un bilancio e una reputazione creditizia ottimali ai fini di un corretto accesso al credito.
*fonte http://www.consob.it/web/investor-education/crisi-finanziaria-del-2007-2009