Le imprese italiane sembrano essere sempre più sostenibili e in cerca di personale con competenze in materia di ambiente; una ricerca di Excelsior rivela che una impresa su due richiede al personale che intende assumere il possesso di competenze “green”.
Nell’ambito della crisi ecologica che sta interessando il pianeta, assumono un ruolo centrale le strategie volte a efficientare l’uso dell’energia, a risparmiare energia e a migliorare la sostenibilità ambientale delle produzioni, riducendo inquinamento e sprechi di risorse naturali.
In questo panorama, quali sono le strategie adottate dalle imprese per cogliere al meglio le opportunità della green economy e lasciarsi alle spalle la crisi? Le imprese italiane stanno innovando i propri processi introducendo tecnologie green o stanno investendo in capitale umano ricercando profili con specifiche competenze green?
L’indagine Excelsior, svolta da Unioncamere e Anpal, propone una lettura integrata delle due strategie, indagando la domanda di lavoro attivata dalle imprese. Il focus sulle competenze green richieste dalle imprese ai diversi profili professionali consente anche di cogliere e qualificare le evoluzioni in atto nella domanda di lavoro che dovranno essere al centro dell’attenzione delle politiche volte a favorire l’occupazione, l’occupabilità e la formazione, l’aggiornamento e l’ampliamento delle competenze richieste dal mercato del lavoro.
Quale è in dunque l’impatto delle green economy sul mercato del lavoro?
Emerge che la green economy sta richiedendo sempre più a tutte le figure professionali competenze e abilità specifiche capaci di corrispondere alla sfida di cogliere le opportunità offerte dalla riconversione in chiave sostenibile del modello di sviluppo. Il cambiamento che sta investendo il mercato nel lavoro non riguarda tanto la creazione o l’attivazione di nuovi “green jobs”, quanto la richiesta di nuove abilità che interessano tutte le figure professionali. Non sempre però le imprese riescono a trovare profili con le competenze green richieste. Il mismatch si ha in misura maggiore per le professioni intellettuali e scientifiche (38%), per quelle tecniche (32,4%) e per gli operai specializzati (30,8%).
Sono difficili da trovare anche insegnanti e ingegneri chimici, petroliferi e dei materiali. Le imprese dichiarano di incontrare notevoli difficoltà anche nel reperire tecnici esperti in applicazioni, tecnici meccanici e tecnici programmatori, così come operai specializzati nell’utilizzo di macchine utensili e nei processi di verniciatura, operai coinvolti nella lavorazione delle pelli e nella riparazione di automobili. In questo scenario, rivestono un ruolo centrale le politiche relative all’occupazione, alla formazione e all’aggiornamento delle figure professionali, necessarie per favorire e accompagnare una maggiore occupabilità di chi è alla ricerca del primo impiego, nonché la riqualificazione e riconversione della forza lavoro presente in azienda.