Ognuno di noi, per caso o per scelta, appartiene a qualche gruppo: nasciamo all’interno di un gruppo primario, ovvero la famiglia, cresciamo, giocando o andando a scuola, in un altro gruppo primario composto da individui della nostra età e, nel corso della nostra esistenza, possiamo scegliere di aderire a diversi gruppi secondari in cui possiamo riconoscerci per finalità, valori, obiettivi.
L’appartenenza a un gruppo è, secondo gli evoluzionisti, utile alla sopravvivenza della specie, perché permette lo sviluppo dell’individuo e del gruppo in una relazione di interdipendenza in continua evoluzione.
Se essere parte di un gruppo è una cosa connaturata nell’uomo, perché è necessario, in azienda “costruire” il gruppo?
Prima osservazione: quando una persona decide di prendere la tessera di un partito, di una associazione sportiva o culturale o anche solo della bocciofila, sta mostrando la volontà di aderire ad un gruppo organizzato, di cui conosce le finalità, magari alcuni membri e ritiene che vi siano delle affinità tra l’immagine che ha di sé e quella che ha di tale gruppo. Quando invece una persona è assunta da un’Azienda – e l’uso del verbo passivo è già emblematico – la maggior parte delle volte si trova ad affrontare una realtà e un insieme di persone di cui sa poco o nulla.
Seconda osservazione: l’Azienda è per definizione un’entità in cui diverse unità collaborano in modo organizzato per il raggiungimento di un obiettivo comune, che non sarebbe raggiungibile dalle singole unità prese separatamente. È quindi necessario che le diverse unità interagiscano tra loro, costituendo un gruppo di lavoro.
L’interazione, però, non è sufficiente, occorre arrivare all’interdipendenza per far sì che ogni membro del gruppo sviluppi la consapevolezza che il raggiungimento dei propri obiettivi dipende dal raggiungimento di quelli del gruppo e viceversa.
Si tratta di un processo delicato, su cui agiscono la visione che ogni membro del gruppo ha di se stesso e del gruppo – visioni che sono interdipendenti e che mutano nel tempo – ma anche i ruoli assegnati all’interno del gruppo, la chiarezza degli obiettivi, le modalità di comunicazione. Nel tempo, possono svilupparsi dei conflitti in modo palese o nascosto, oppure possono mutare gli equilibri col risultato di arrivare al fallimento del gruppo e quindi, parlando di Azienda, al mancato raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Chi gestisce le risorse umane sa che questo non è un esito consentito. Meglio quindi affidarsi a professionisti dalla comprovata esperienza, che conoscano le dinamiche dei gruppi e che sappiano creare in azienda il clima adatto alla costruzione di solidi, efficaci e piacevoli gruppi di lavoro.
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