Il Rapporto INAPP 2023, presentato lo scorso dicembre dal presidente dell’Istituto Sebastiano Fadda, mette in luce una serie di problematiche che influenzano il panorama lavorativo nazionale. Il mercato del lavoro italiano, nonostante una ripresa post-pandemica, si trova a fronteggiare una serie di criticità strutturali che richiedono interventi mirati e un’attenzione particolare verso la formazione continua dei lavoratori.
Uno dei punti focali del Rapporto è rappresentato dall’invecchiamento della forza lavoro. Dati allarmanti indicano un progressivo aumento dei lavoratori anziani rispetto alla popolazione più giovane, con un rapporto che nel 2023 ha superato le 1.400 unità ogni 1.000 lavoratori di età compresa tra i 19 e i 39 anni. Questo trend, se da un lato può rappresentare esperienza e competenze maturate nel tempo, dall’altro pone l’accento sull’importanza di una formazione continua per adattarsi alle nuove dinamiche lavorative, sempre più influenzate dalla tecnologia e dalla digitalizzazione dei processi produttivi.
Formazione continua: interessato solo il 9,6% dei lavoratori adulti
In questo contesto, il tema della formazione continua emerge come una necessità urgente. Il Rapporto evidenzia che solo il 9,6% dei lavoratori adulti ha partecipato a programmi di formazione nel 2022. Questo dato, seppur in aumento rispetto agli anni precedenti, pone l’Italia in una posizione di svantaggio rispetto all’Europa, denotando la necessità di sostenere attivamente la crescita della formazione continua nel paese.
Il Rapporto sottolinea anche la necessità di rivitalizzare l’apprendistato duale, un elemento chiave per l’integrazione dei giovani nel mondo del lavoro. Nonostante gli sforzi per promuovere questo tipo di apprendimento, la sua adozione rimane limitata, evidenziando una carenza nell’attrazione sia da parte delle imprese che dei giovani.
Oltre alla questione dell’invecchiamento della forza lavoro, il Rapporto ha evidenziato il fenomeno delle “grandi dimissioni”, con il 14,6% degli occupati che hanno manifestato l’intenzione di lasciare il proprio lavoro. Questo aspetto sottolinea l’importanza di un ambiente lavorativo soddisfacente e stimolante, evidenziando la necessità di offrire opportunità di crescita e sviluppo professionale.
Il documento rileva anche che le agevolazioni per le assunzioni non hanno avuto l’efficacia sperata, con un limitato impatto sulle decisioni di assunzione e una persistente disparità di genere nelle opportunità di lavoro agevolate.
Servono interventi mirati per indirizzare il mercato del lavoro
«Dopo la crisi pandemica le dinamiche del mercato del lavoro hanno ripreso a crescere ma con rallentamenti dovuti sia a fattori esterni, dal conflitto bellico alle porte dell’Europa, alla crescita dell’inflazione e della crisi energetica, ma anche – ha spiegato il presidente dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche – a fattori interni, come il basso livello dei salari che si lega alla scarsa produttività, alla poca formazione e agli incentivi statali per le assunzioni che non hanno portato quei benefici sperati, se pensiamo che più della metà delle imprese (il 54%) dichiara di aver assunto nuovo personale dipendente, ma solo il 14% sostiene di aver utilizzato almeno una delle misure previste dallo Stato. Occorrono quindi degli interventi mirati e celeri capaci di indirizzare il mercato del lavoro verso una crescita più sostenuta, che non può prescindere dalla rivoluzione tecnologica e digitale che sta modificando i processi produttivi».