Il legame tra sport e formazione viaggia su un doppio binario: quello dello sport come strumento di formazione (lo sport è formazione, verrebbe da dire) e quello della formazione per lo sport, ossia della formazione per chi gravita nel mondo dello sport, si tratti di atleti, ex atleti o profili professionali specifici per il settore. Su questo doppio binario si è tenuto il convegno “Strumenti per competere. Lo sport e la formazione continua”, organizzato da Fondimpresa lo scorso 30 marzo.
Elvio Mauri, direttore generale di Fondimpresa, ha chiarito in apertura il nesso tra sport e formazione continua: “Non basta il dono naturale per essere un grande atleta. Servono gli strumenti per mettere a frutto i doni naturali”. E gli strumenti richiedono allenamento, pratica, apprendimento.
“Non si può più essere pressapochisti o generalisti nemmeno nel settore dello sport, dove sono richieste figure sempre più qualificate e specifiche in un ampio ventaglio di ambiti, da quello legale, del diritto e della giustizia sportiva, a quello medico o, ancora, amministrativo, di gestione delle società”, ha detto invece Giovanni Malagò, presidente del Coni, parlando nel suo intervento di saluto delle prospettive professionali che il mondo dello sport offre.
Ad animare l’evento – accanto a Elvio Mauri, Bruno Scuotto e Annamaria Trovò, rispettivamente direttore generale, presidente e consigliere di amministrazione di Fondimpresa, Marcel Vulpis, vicepresidente vicario della LegaPro, Alberto Miglietta, ex AD di Coni Servizi e il giornalista sportivo Marino Bartoletti – è stato un tavolo di relatori “da podio”: Julio Velasco, Patrizio Oliva, Gianni Bugno e Manuela Di Centa.
“Non solo lo sport insegna ad approcciare la sfida con sé stessi, ma consente, qualsiasi sia la disciplina praticata. di apprendere qualcosa di specifico”, ha detto Annamaria Trovò. “Ecco perché ha un valore utile anche nelle relazioni professionali”.
Fare squadra secondo un sistema definito
“La metafora sportiva è usata tantissimo: quante volte si sente dire ‘Dobbiamo fare squadra’? Ma attenzione: il termine ‘squadra’ deve essere inteso correttamente”, ha detto Julio Velasco, oggi dirigente sportivo dopo una pluripremiata carriera da allenatore di pallavolo. “La squadra non è un generico gruppo, è un insieme di individui con un obiettivo comune, dei ruoli definiti e un sistema”.
E così come l’obiettivo deve essere sufficientemente ambizioso per motivare i componenti della squadra a mettere in moto le loro risorse migliori, il sistema deve consentire alle “azioni ripetitive di andare da sole” ed essere in sintonia con l’iniziativa individuale: insomma, lo schema di gioco non deve danneggiare la creatività del singolo e viceversa. Nel giusto mix di elementi, quindi, fare squadra non è tanto un imperativo etico, ma una questione di convenienza: “Può sembrare cinico, ma fare il gioco di squadra conviene”. Velasco ha anche toccato i temi della dissonanza cognitiva, dell’apprendimento, dello stress “del fare sempre un po’ meglio dell’avversario”, stimolante per lo sportivo ma non sempre altrettanto stimolante nell’ambito lavorativo, della leadership e dell’autorevolezza: “È fondamentale sapere di che cosa si sta parlando non solo a livello generale ma nel concreto. Non ci si fida di chi parla in termini generali, ci si fida di chi dimostra di conoscere nel profondo ciò che di cui sta parlando”.
Motivazione e gestione del tempo, elementi utili anche in ambito lavorativo
Con Patrizio Oliva si è parlato dell’importanza della motivazione, nello sport e non solo. “Sono tre gli elementi a mio avviso fondamentali che ci danno la forza di rialzarci anche quando si va a tappeto: autodisciplina, impegno e costanza”, ha detto l’ex pugile e campione olimpico. “Accettiamo e buttiamoci nelle sfide, perché affrontandole ci abituiamo all’idea di potercela fare”. Da Gianni Bugno, ex ciclista e campione del mondo su strada, è arrivata invece una riflessione sulla gestione del tempo: “Quanto tempo dedicare all’allenamento, al recupero, al riposo? Per uno sportivo l’organizzazione del tempo è fondamentale e torna utile a fine carriera, quando si inizia una nuova vita dedicata ad altro. quando si intraprende un percorso professionale diverso”. La dimensione ‘tempo’ è una costante nella vita dell’atleta, perennemente alla ricerca non solo della vittoria contro l’avversario ma anche del proprio record personale. Proprio sulla dimensione individuale ha insistito Bugno che, in quanto ciclista, ha sottolineato come sia importante, qualsiasi sia la sfida che ci si accinge ad affrontare, la consapevolezza dei propri mezzi e delle proprie conoscenze.
Questione di genere e di competenza
Manuela Di Centa è la perfetta rappresentazione di atleta vincente che ha saputo trasferire nella sua ‘seconda vita’ il bagaglio di skill maturato durante la carriera sportiva. Già da sciatrice Di Centa aveva ricoperto la carica di presidente della Commissione Italiana Atleti all’interno del Coni e si era prodigata per “portare un equilibrio in quel disequilibrio che all’epoca c’era tra le prerogative delle atlete e quelle degli atleti”. Smessi gli sci, all’età di 35 anni, è iniziato il suo percorso dirigenziale e politico, contrassegnato dall’impegno nei temi della parità di genere e dell’importanza dello sport anche nel sistema educativo (sua la proposta, poi approvata, di istituire i Licei sportivi). “Le medaglie conquistate mi hanno dato tanto e sono lì a testimoniare le mie soddisfazioni da atleta, ma sono state anche il motore e la forza per lottare e aprire una strada per la presenza degli atleti, e delle donne in particolare, negli organismi sportivi”.
Di Centa non si è improvvisata dirigente e politica: ha studiato, si è formata. La competenza, quindi, è l’elemento che fa la differenza. Come ha detto Marcel Vulpis: “Quando sapremo focalizzarci su chi, uomo o donna, ha la qualità per coprire determinati ruoli, allora avremo superato il discorso del genere e dell’approccio giusto o sbagliato alla parità”. Per avere qualità, però, serve la formazione, che secondo Vulpis è “linfa vitale sia nella crescita delle persone, sia in quella delle organizzazioni”.
Anche Alberto Miglietta ha evidenziato l’aspetto della competenza, sottolineando l’importanza di “formare la convinzione che le competenze maturate, anche durante una carriera sportiva, sono spendibili in ambito professionale” e ricordando il progetto ‘La nuova stagione’ che, realizzato in collaborazione da Coni e Ministero del Lavoro, era stato pensato proprio per l’inserimento lavorativo degli atleti al termine dell’attività sportiva.
In chiusura, Bruno Scuotto ha ripreso i tanti spunti emersi, richiamando l’attenzione sulla necessità di formare anche gli imprenditori e, in particolare, di potenziare la formazione nelle piccole imprese. “Contiamo sulla fame di competenza, su quel desiderio di imparare cose nuove che vediamo, ad esempio, quando seguiamo con passione uno sport”, ha detto Scuotto. “Insomma, mi auspico che quella voglia di essere tutti esperti di vela durante le regate di Luna Rossa si trasferisca anche negli ambiti professionali della vita delle persone”.