L’indagine, svolta da FondItalia su un campione di aziende del settore viaggi e ricettivo, conferma la necessità per le imprese del settore in vista della ripresa post Covid, di formazione in marketing e comunicazione, informatica, lingue e organizzazione aziendale.
Salvare il sistema turistico nazionale in vista dell’estate 2021. Questo l’obiettivo degli operatori di un settore messo in ginocchio dalla pandemia. Dopo le perdite del 2020, anche il primo trimestre 2021 presenta un saldo negativo, con una flessione di circa 15 milioni di pernottamenti dovuta in gran parte al blocco del turismo invernale, segnato dall’80% in meno di presenze rispetto all’anno scorso, e di quello primaverile, tra lockdown a singhiozzo e restrizioni fino a Pasqua.
Secondo una stima di Coldiretti su dati Bankitalia, infatti, l’assenza di stranieri in vacanza nel nostro Paese è costata 11,2 miliardi (ben 23,3 milioni di viaggiatori in meno). In Italia, il comparto non aveva segnato un crollo verticale così marcato da oltre 30 anni, tanto che adesso si confida nelle politiche di flessibilità relative a prenotazioni e disdette, nella vaccinazione di massa e nell’adozione di misure sanitarie adeguate da parte delle strutture ricettive e degli operatori.
Nonostante questo quadro a tinte fosche, si osserva un diffuso ottimismo tra gli operatori. Oltre il 76% delle agenzie di viaggio ritiene, infatti, che i flussi turistici supereranno i livelli pre-covid e secondo il 47% di esse, questi saranno indirizzati prevalentemente verso l’Europa.
Sono alcuni dei dati che emergono dal sondaggio realizzato dall’Osservatorio FondItalia su un campione rappresentativo delle imprese aderenti al Fondo, al quale aderiscono più di 10.000 aziende del turismo (circa l’8% sul totale degli iscritti al Fondo) con oltre 49.000 lavoratori, per la maggior parte provenienti da Puglia, Campania e Lombardia.
Lo studio ha analizzato lo stato dell’arte di due segmenti, particolarmente provati dall’emergenza, come le agenzie di viaggio e il ramo alberghiero.
Cambiamenti permanenti nel settore turistico
La stragrande maggioranza delle imprese, nello specifico l’83% delle agenzie di viaggio e il 60,7% delle strutture di alloggio, ritiene che la pandemia determinerà cambiamenti permanenti nella propria attività. Secondo la maggior parte degli intervistati i settori sui quali sarà necessario intervenire saranno la tipologia dei servizi offerti, l’organizzazione del lavoro, il marketing e la comunicazione nonché la sicurezza, soprattutto dal punto di vista sanitario. Emerge comunque una cospicua percentuale di aziende che non sa rispondere, pari al 50% delle agenzie di viaggio e al 53,6% delle strutture di alloggio, dato che mette in evidenza la necessità di predisporre attività di consulenza o di accompagnamento in una fase di transizione così delicata.
I bisogni formativi delle aziende del turismo
La fotografia dei bisogni formativi delle aziende intervistate mette in evidenza le competenze indispensabili per le figure professionali; tra queste spiccano padronanza delle lingue e delle culture degli altri paesi, esperienza in materia di salute e sicurezza sanitaria e conoscenze informatiche di gestione aziendale. In quest’ultimo ambito c’è ancora molto da fare se si pensa che l’80% delle imprese intervistate ha dichiarato di non utilizzare app o software per il coordinamento del personale né per la traduzione simultanea.
Se il ramo alberghiero ritiene che, tra le figure professionali che acquisiranno maggiori opportunità di inserimento in futuro, figureranno i tecnici informatici, gli esperti di marketing e i manager, per le agenzie di viaggio le maggiori opportunità saranno offerte dallo sviluppo del digitale insieme alla conoscenza del protocollo di accoglienza.
Analizzando il dettaglio dell’offerta formativa di cui beneficiano attualmente le aziende, a guidare la classifica è la formazione obbligatoria ex-lege, seguita dal 50% delle imprese del settore alloggio e dal 41,2% delle agenzie di viaggio. Al secondo posto si collocano corsi di formazione in lingue straniere. In entrambi i settori si segnala tuttavia una percentuale di aziende superiore al 17% che non offre alcuna attività formativa ai propri dipendenti. Dai riferimenti relativi al fabbisogno formativo delle aziende, comparato con i corsi svolti nel 2020, emerge una forte domanda in materia di marketing e comunicazione, informatica, culture straniere, accoglienza, ristorazione, gestione delle emergenze sanitarie e organizzazione aziendale.