La pandemia del 2020 ha acuito le disuguaglianze nell’istruzione dei giovani. Brusco stop anche per la formazione continua, lo rivela l’ultimo rapporto Istat.
L’istruzione, la formazione e il livello di competenze influenzano il benessere delle persone e aprono percorsi e opportunità altrimenti preclusi. L’attenzione verso il potenziamento e l’aggiornamento delle competenze è uno dei punti principali per l’attuazione delle politiche europee del Green Deal e il Fondo Next Generation ha, tra i suoi contenuti, anche le agende per l’istruzione e le competenze. L’Italia, nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non è ancora in grado di offrire a tutti i giovani le stesse opportunità per un’educazione adeguata.
Il livello di istruzione e di competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende ancora in larga misura dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio in cui si vive. Il ritardo rispetto alla media europea e il divario territoriale, infatti, si riscontrano in tutti gli indicatori che riguardano istruzione, formazione continua e livelli di competenze.
La pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze. Sono questi alcuni aspetti sull’istruzione e la formazione che emergono dall’indagine di misurazione del “Benessere equo e sostenibile” realizzata da Istat.
Italia indietro rispetto all’Europa
Nonostante i costanti progressi nell’istruzione, l’Italia è ancora lontana dall’Europa. Per monitorare i gradini successivi della scala per il raggiungimento di un livello di istruzione adeguato, i due indicatori principali sono la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore e la quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario o altro titolo terziario. Sebbene questi due indicatori siano costantemente in crescita, appare evidente come l’Italia non riesca a recuperare la differenza rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Unione europea.
Nel secondo trimestre 2020, in Italia, il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore rispetto a una media europea del 79%, 16 punti percentuali in meno. La quota di giovani di 30-34 anni che ha conseguito un titolo universitario o terziario è del 27,9%, rispetto al 42,1% della media europea.
La battuta d’arresto della formazione continua
L’Agenda per le competenze indica, tra le altre cose, come l’apprendimento permanente debba diventare una realtà in Europa. Tutti i cittadini devono avere accesso a programmi di apprendimento interessanti, innovativi e inclusivi, anche perché le competenze diventano obsolete molto rapidamente. In Italia, il ricorso alla formazione continua, nelle 4 settimane precedenti l’intervista nel quadro dell’indagine sulle Forze di lavoro riferita al secondo trimestre 2019, ha raggiunto solo l’8,9% tra la popolazione di 25-64 anni, a fronte di una media europea dell’11,4%.
Nel 2020 la possibilità di partecipare ad attività di apprendimento è stata, anch’essa come la scuola, bruscamente interrotta, soprattutto nei mesi di marzo, aprile e maggio, o parzialmente riconvertita in altre forme di fornitura. La partecipazione media per l’Italia è scesa al 7,2% degli individui; particolarmente evidente il calo per il Nord, dove la percentuale di coloro che hanno fatto formazione è scesa dal 10,5% del secondo trimestre 2019 al 7,9% dello stesso periodo nel 2020, e per il Centro (dal 9,6% all’8,2%).
Anche in altri Paesi europei, che hanno imposto chiusure e limitazioni agli spostamenti e alle attività, la quota di coloro che hanno partecipato ad attività di formazione ha subito cali notevoli: è il caso della Danimarca (dal 25,8% nel secondo trimestre 2019 al 14,6% nel secondo trimestre 2020), della Francia (dal 20,7% al 7,8%), della Svezia (dal 35% al 26,5%), dell’Estonia (dal 21,7% al 12,9%), della Slovenia (dal 12,4% al 5,6%) e dell’Austria (dal 16% al 9,5%).